SOLTANTO IL MARE

Marco Guadagnino e Sandro Triulzi presentano

Un film di Dagmawi Yimer, Fabrizio Barraco, Giulio Cederna

Fotografia di Dagmawi Yimer e Fabrizio Barraco

Con il sostegno di Lettera 27

2010, 48’, DVD


Dagmawi Yimer è sbarcato a Lampedusa il 30 luglio del 2006, dopo tre giorni di navigazione su una piccola imbarcazione di fortuna. Nei sette giorni che trascorrerà chiuso nell’ex centro di accoglienza vicino all’aeroporto, non incontrerà nessuno e oltre la rete di recinzione potrà vedere soltanto il via vai degli aerei dei turisti.
Qualche anno dopo, intrapreso un percorso da filmaker, Dag ha l’occasione di tornare a Lampedusa con la videocamera per filmare l’isola che gli ha salvato la vita, parlare con i suoi abitanti, muoversi indisturbato. Ogni mattina riprende i pescherecci che tornano al porto, i pastori che portano al pascolo le pecore, gli abitanti che fanno jogging nelle strade deserte, i paesaggi stralunati.
Filmando gli isolani ha modo di scoprire che Lampedusa è l’opposto di come l’aveva immaginata al suo arrivo: non un’avanguardia del benessere, ma solo una piccola isola con parecchi problemi da risolvere che nulla hanno a che fare con gli sbarchi, geograficamente e culturalmente più vicina all’Africa che all’Europa, indissolubilmente associata alle distorsioni mediatiche con cui in Italia viene affrontato il fenomeno dell’immigrazione. E scopre che sull’isola non nasce più nessuno: anche i giovani lampidusani, in fondo, sono tutti immigrati.

NOTE DI REGIA
Ci troviamo a Roma alla fine di maggio del 2009: un etiope sbarcato a Lampedusa, un trapanese che a Lampedusa ha vissuto felicemente per anni, e un romano che Lampedusa non l’aveva vista nemmeno con il binocolo. Lavoriamo insieme all’Archivio delle Memorie Migranti dell’associazione Asinitas, montiamo cortometraggi in un abbaino rosolato dal sole e di tanto in tanto pensiamo alle vacanze. L’ipotesi di andare tutti insieme a Lampedusa si impone quasi subito, all’inizio quasi per gioco, poi come un richiamo insistente, rilanciato ogni giorno dalle pagine dei quotidiani. L’Italia ha appena firmato l’accordo con la Libia, le notizie di nuovi arrivi si mescolano alle cronache dei primi “respingimenti”.
Partiamo senza un progetto preciso ma con due idee chiare: 1) guardare l’isola, e il fenomeno dell’incontro tra isolani e arrivanti, dalla prospettiva nuova di chi effettivamente sull’isola è appena sbarcato; 2) accogliere l’inderogabile volontà di Dag di non occupare il centro della narrazione, di non fare il “personaggio” - lo è già stato abbastanza nella vita e in altri film – per non rubare la scena all’isola e ai suoi personaggi. E’ assai più difficile, ma in fondo è questa la sfida: daremo il ruolo di protagonista al suo sguardo, alla sua capacità di mettere in scena l’isola con la videocamera. (E così è accaduto: il novanta per cento delle riprese montate, tutte quelle sull’isola, i suoi paesaggi, la corsa di Cocò, i momenti di vita, la processione, sono opera sua…).
Sbarchiamo a Lampedusa all’inizio di agosto, in pieno scirocco. Ci svegliamo alle cinque del mattino e riprendiamo dalle sei alle nove e mezza - prima che il sole bruci ogni cosa - o al tramonto. Non abbiamo un piano preordinato, luoghi, situazioni, persone, da raccontare; cerchiamo, “peschiamo”, piuttosto, videocamera e cavalletto in spalla, gli occhi e le orecchie ben aperte. In questo modo incontriamo Cocò, un signore distinto di una certa età che fa jogging ogni mattina all’alba sulla strada di Ponente. La camicia sudata appiccicata al petto, i pantaloni lunghi, il volto attempato contratto dalla fatica, rivelano che non è un turista. Lo seguiamo e lo filmiamo per giorni, senza mai fermarlo, senza chiedergli niente. La sua grintosa corsa nel nulla ci affascina, è una meravigliosa metafora dell’umano affannarsi sull’isola.
Ogni mattina ci svegliamo e andiamo a pesca di storie e di personaggi. In questo modo arrivano anche Pep Top, Zio Pasquale, Rizzitelli. Scopriamo che l’isola non è popolata solo da navigatori ma anche da insospettabili poeti: un maestro d’asce che fa cortometraggi, un pescatore-attore, un cantante. Scopriamo che a Lampedusa non c’è un ospedale e non nasce più nessuno da anni. Scopriamo che anche qui il mare si è ammalato e dà sempre meno pesci. Scopriamo che i migranti sono chiamati “turchi”. Così, decidiamo di ritornare una seconda volta, a settembre, per riprendere la processione della Madonna di Porto Salvo, cerimonia fondante dell’isola, e scopriamo che il corteo che unisce tutto il paese è guidato da un prete della Tanzania.
Giorno dopo giorno l’isola si apre e ci regala nuove storie, situazioni inaspettate, cortocircuiti. Al migrante fresco di sbarco l’isola era apparsa come l’avanguardia del benessere - con i suoi alberghi, le sue barche, i suoi turisti - alla nostra videocamera si svela ora piena di problemi; l’aveva immaginata come frontiera del progresso, la ritroviamo isolata dal mondo, con lo sguardo nostalgico rivolto al passato e una patina fresca di vernice già incrostata di salsedine.
Il momento più emozionante è l’incontro con l’equipaggio della 282, la motovedetta della guardia costiera che ha salvato Dag dal naufragio e da una morte certa. Siamo tutti così emozionati che portiamo a casa a stento qualche immagine buona… e il definitivo “grazie” a quest’isola che, proprio come accade ai migranti, paga lo scotto di un’informazione emergenziale e deformante.
In maniera naturale ci sembra stia accadendo quanto ci eravamo ripromessi di fare: inquadratura dopo inquadratura, la storia di Dag finisce confluire nella storia collettiva, stratificata e polifonica dell’isola; isola nella quale finisce per perdersi e ritrovarsi innanzitutto come autore, regista e persona, e non più soltanto come semplice “clandestino”, pass numero otto del quarto sbarco del 30 luglio 2006.

SCHEDA TECNICA
Regia e montaggio: Dagmawi Yimer, Fabrizio Barraco, Giulio Cederna.
Fotografia: Dagmawi Yimer e Fabrizio Barraco.
Musica/Music: Nicola Alesini
Durata: 48’
Formato/Format: DVCAM
Versione Originale/Original Version: italiana
Produzione: Giulio Cederna, Marco Guadagnino, Sandro Triulzi
Con il sostegno di fondazione lettera 27


GLI AUTORI

FABRIZIO BARRACO: lavora da anni nel campo del documentario come montatore, operatore e regista. Ha firmato Memoria dei Sapori (2009), progetto di ricerca antropologica sull’alimentazione; Alla destra del Padre (2008), documentario sui pescatori dell’Adriatico; La Musica dei Cieli (2008), documentario sul restauro di antichi organi in Abruzzo; Porto dei suoni, menzione speciale al premio “Libero Bizzarri. Ha partecipato come operatore e montatore alla realizzazione di numerosi spot, trailer e programmi televisivi.

GIULIO CEDERNA: E’ autore del progetto di video partecipato Different Perspective con Angelo Loy e John Muiruri, e dei documentari Tv Slum (2003) Sillabario Africano (2005), Millennium News (2009). Ha diretto i documentari Big brother Aids (2004, con Paolo Novelli), La danza delle api (2008, con Giovanni Piperno), Una scuola italiana (2010, con Angelo Loy). Ha ideato insieme a Marco Baliani il progetto teatrale Pinocchio Nero e ha pubblicato Le avventure di un ragazzo di strada (Giunti, 2005). Nel 2007 ha collaborato all’enciclopedia Diritti Umani a cura di Marcello Flores, UTET. Ha diretto la comunicazione di AMREF Italia dal 1998 al 2007.

DAGMAWI YIMER: E’ sbarcato in Italia il 30 luglio 2006, dove ha ottenuto lo status di “protezione umanitaria”. Nel 2007 ha frequentato un corso di video-partecipato diretto da Andrea Segre, concluso con la realizzazione del documentario Il deserto e il mare (2007). Nel 2008 ha firmato con Andrea Segre e Riccardo Biadene il film documentario Come un uomo sulla terra e nel 2010 il documentario C.a.r.a. Italia. Ha realizzato diversi cortometraggi (Sagome, Lo scarabocchio, L’albero, Equilibrio) per il Progetto Archivio delle memorie migranti, promosso dall’associazione Asinitas.

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