Lettera dei Ministri Frattini e Maroni: “La ricerca di una soluzione umanitaria” (Il Foglio)
Al direttore - Rispondiamo all’ “appello realista” che il suo giornale ci indirizza, innanzitutto ringraziandola per l'approccio articolato e comprensivo che anima la vostra analisi di una realtà che è appunto complessa e, come tale, merita una risposta politica altrettanto articolata e complessa.
Affrontiamo certo una materia in cui l'assolutezza e l'irrinunciabilità dei diritti vanno prese sul serio e anche noi capiamo come gli uomini di buona volontà e le Organizzazioni umanitarie lancino da giorni un pressante allarme. Ma non siamo certi che anche le più giuste declamazioni possano aiutarci a risolvere un problema che, proprio a partire dagli argomenti corretti che fondano l’analisi del suo giornale, ha bisogno di un approccio diverso per essere risolto. Tra l'altro non crediamo che incoraggino la comprensione della realtà della vicenda cronache e interviste giornalistiche con appelli via telefono satellitare inspiegabilmente utilizzate da parte di persone che denunciano di essere detenute e a rischio di tortura.
Richiamiamo, ma solo per completezza di argomenti, la necessità di un atteggiamento rispettoso della sovranità libica (e il rischio che gli inviti pressanti. e a volte polemici, della nostra opposizione parlamentare rivelino una prospettiva “neocoloniale” politicamente molto scorretta e assai controproducente dal punto di vista del risultato) e di un'azione internazionale capace di coinvolgere l'Onu, le sue agenzie e le altre Organizzazioni internazionali. Il destino e la sorte di questi cittadini eritrei non può cioè esser risolto dalla sola nostra e pur privilegiata relazione bilaterale. E in questa partita si misura ancora una volta tutta la fragilità europea e la prospettiva “del nord” - preoccupante e sconsiderata - che continua a considerare il Mediterraneo e la sua sponda sud come un “mondo a parte”. E' proprio il sud del mondo a premere ancora una volta, e ora di più, contro i paesi della sponda meridionale e da lì sugli avamposti europei: Italia, Spagna, Malta e Grecia principalmente.
Non diciamo questo per coltivare un atteggiamento consolatorio e per trovare uno scudo, un riparo non solo alle responsabilità, ma al protagonismo che come è giusto anche al nostro paese si richiede. Diciamo questo perché in questa -come in altre occasioni- l'Italia non si è mai sottratta a un'attività di sensibilizzazione delle autorità libiche, verso le quali noi abbiamo scelto, nello spirito di una sincera amicizia, di condurre un'azione discreta e positiva anche in nome e per conto dell'Europa: come due distinte, ben note e importanti vicende legate alla soluzione della crisi Libia-Svizzera hanno recentemente saputo dimostrare.
Proprio perché questo nostro mondo è particolarmente complesso e l’approccio della diplomazia politica -se è, come tutti ci auguriamo, finalizzato a risolvere i problemi- deve aiutare a trovare le risposte più adeguate, noi abbiamo scelto una strada diversa da quella della pubblicità. Perché siamo convinti che non ci aiuterebbe. Sappiamo bene che è una lotta contro il tempo. In queste ore è in corso una delicata mediazione sotto la nostra egida, mediazione che stiamo finalizzando, per poter arrivare all'identificazione dei cittadini eritrei -i quali, è bene saperlo, timorosi di farsi identificare rendono impossibile la definizione del loro status - e poter loro offrire un'occupazione, nella stessa Libia, contro il rischio e la paura del rimpatrio. In quest'azione le Ong italiane sono in prima fila.
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